Ogni volta che viene annunciato il cast del Festival di Sanremo, lo schema si ripete quasi identico: esplodono i commenti sui social, arrivano le prime polemiche e spuntano, puntuali, le frasi di rito: «Era meglio l’anno scorso», «Ma chi sono questi?», «Mancano i veri Big».
Anche nelle edizioni più recenti, nonostante il successo di ascolti, i buoni risultati discografici e la presenza di nomi importanti, il coro dei delusi è sempre numeroso e rumoroso.
Ma che cosa intendiamo davvero quando diciamo che “mancano i Big”? Quali sono le dinamiche che spingono i grandi nomi della musica italiana a rinunciare al palco dell’Ariston o a rimandare la partecipazione? E quanto incidono televoto, regolamento, libertà artistica, impegni e timori di esporsi al giudizio del pubblico?
In questo articolo proviamo a fare ordine, con un’analisi strutturata che guarda al Festival non solo come spettacolo televisivo, ma come snodo centrale dell’industria musicale italiana.
1. Il ritornello che ritorna: “Era meglio l’anno scorso”
La prima reazione all’annuncio del cast è spesso di delusione preventiva. Una delusione che, molte volte, si scioglie già durante le prime serate di Festival, quando le canzoni iniziano a circolare e i nomi “sconosciuti” diventano improvvisamente familiari, scalando classifiche e playlist.
Dietro il «era meglio l’anno scorso» ci sono alcuni meccanismi psicologici e culturali ricorrenti:
- Nostalgia selettiva: ricordiamo solo ciò che è rimasto impresso (i successi) e dimentichiamo quanti nomi, negli anni, siano passati quasi inosservati.
- Conservatorismo musicale: tendiamo a fidarci dei nomi noti, faticando ad accettare l’ingresso di nuovi artisti e linguaggi.
- Superficialità informativa: una parte del pubblico scopre il cast solo al momento dell’annuncio, ignorando il lavoro che molti artisti fanno da anni su dischi, tour, streaming.
- Percezione distorta dei numeri: oggi un artista può avere milioni di ascolti sulle piattaforme digitali pur essendo quasi sconosciuto al pubblico generalista televisivo.
Il risultato è un corto circuito: ciò che per l’industria è un nome centrale o emergente molto forte, per una parte del pubblico televisivo appare come un «chi è?».
2. Chi sono, davvero, i “Big” di Sanremo?
Nel linguaggio comune, quando parliamo di Big di Sanremo facciamo riferimento a:
- artisti con una lunga storia discografica alle spalle;
- cantanti che hanno già firmato successi trasversali, conosciuti da generazioni diverse;
- nomi che, anche fuori dal Festival, riempiono palasport, stadi o dominano classifiche e airplay radiofonico.
In passato, la categoria dei Big era più netta: la musica italiana era dominata da un numero relativamente limitato di grandi interpreti e cantautori, che venivano percepiti come “pezzi di storia”. Il loro ritorno a Sanremo aveva il sapore dell’evento eccezionale.
Oggi il quadro è molto più frammentato. La scena musicale si è moltiplicata:
- generi diversi convivono (pop, rap, trap, urban, indie, elettronica);
- il pubblico è segmentato per età, piattaforme e abitudini di ascolto;
- un “Big” per i ventenni può essere quasi sconosciuto agli over 50, e viceversa.
Definire chi sono i “veri Big” diventa quindi molto più complesso: la grandezza non è più solo una questione anagrafica o storica, ma passa anche da metriche digitali (streaming, social, views), capacità live e rilevanza culturale in specifiche nicchie.
3. Perché il cast sembra sempre “debole”: percezione e realtà
Quando esce la lista degli artisti in gara, la critica più frequente è: «Mancano i veri Big». In molti casi, però, questa affermazione nasce da un mix di:
- scarsa conoscenza delle nuove generazioni di artisti;
- aspettative irrealistiche (sognando una line-up fatta solo di nomi storici e superstar);
- confronto costante con l’edizione precedente, filtrata dalla memoria dei brani che sono rimasti.
Va ricordato che ogni direttore artistico — qualunque sia il suo stile — deve tenere insieme:
- nomi adatti al grande pubblico generalista;
- artisti in grado di intercettare i giovani e il mondo digital;
- proposte musicali che abbiano una qualità artistica sufficiente per reggere il palco dell’Ariston;
- equilibri tra generi, età, provenienze e mondi discografici.
Il risultato, inevitabilmente, è un cast ibrido, dove convivono:
- nomi storici;
- artisti di fascia intermedia, già noti ma ancora in ascesa;
- nuove leve che sfruttano il Festival per farsi conoscere oltre la propria fanbase.
Da fuori, soprattutto leggendo una lista di nomi su una pagina o in un post social, questo equilibrio è spesso difficile da percepire.
4. Perché molti grandi artisti scelgono di non andare (o di non tornare) a Sanremo
Se è vero che alcuni Big mancano all’appello, è altrettanto vero che spesso non si tratta di una scelta unilaterale del Festival. In tanti casi sono gli stessi artisti — o le rispettive etichette e management — a decidere di non partecipare, almeno in un determinato momento della loro carriera.
4.1 Questioni di agenda e cicli discografici
Sanremo non è un passaggio neutro all’interno di una carriera: è un evento che assorbe energie, tempo, attenzione mediatica e risorse organizzative. Partecipare al Festival significa, di fatto:
- impostare il calendario discografico (singoli, album, promozione) sull’asse febbraio–primavera;
- sospendere o rimodulare altri impegni (tour, progetti internazionali, collaborazioni);
- accettare che, per alcune settimane, l’attenzione del pubblico e dei media sarà fortemente incentrata su quella canzone e su quella performance.
Un artista che ha appena pubblicato un album, che prepara un tour o che è impegnato su progetti esteri può ritenere non strategico aggiungere Sanremo ai propri piani, soprattutto se questo comporta spostamenti, ritardi o sovrapposizioni non gestibili.
4.2 Libertà artistica e margini di manovra creativi
Molti grandi cantautori e interpreti tengono molto alla libertà artistica. Il Festival è, per sua natura, un contesto fortemente regolato:
- durata del brano;
- struttura televisiva della performance;
- numero di musicisti sul palco;
- limiti tecnici e scenografici;
- vincoli sui testi (linguaggio, contenuti, tempistiche di approvazione).
Per alcuni artisti, soprattutto quelli che stanno vivendo fasi di sperimentazione o percorsi fuori dal pop tradizionale, il rischio è quello di doversi “adattare” eccessivamente alle esigenze del mezzo televisivo, sacrificando una parte della propria coerenza espressiva.
4.3 Il tema economico: rimborsi spese e ritorno di immagine
Pur non essendo un evento remunerato con cachet elevatissimi (soprattutto rispetto a grandi concerti o ingaggi pubblicitari), Sanremo comporta:
- spese per band, staff tecnico e creativo, stylist, trucco e parrucco;
- costi di promozione, comunicazione, contenuti digitali;
- impegno intensivo di settimane tra prove, conferenze stampa, interviste.
I rimborsi spese riconosciuti non sempre sono percepiti come adeguati, soprattutto dagli artisti con strutture produttive più complesse. È vero che il Festival offre una visibilità enorme, ma l’equilibrio tra costi, benefici e rischi non è uguale per tutti.
4.4 Il rischio reputazionale: quando “andare male” brucia più di non andarci
Un cantante già affermato sa che a Sanremo non si gioca solo il risultato in classifica, ma anche:
- la percezione del pubblico sulla sua forza attuale;
- la lettura, spesso spietata, della critica e dei social;
- il confronto diretto con artisti molto più giovani o di generi diversi.
Per alcuni Big, un piazzamento mediocre o una reazione tiepida del pubblico possono pesare più della mancata partecipazione. Meglio non esporsi piuttosto che rischiare di apparire in declino agli occhi di fan, addetti ai lavori e discografia.
5. Il peso del televoto: tra democrazia e distorsioni
Uno dei fattori più discussi è il ruolo del televoto. Negli ultimi anni si è cercato di bilanciare:
- giurie tecniche (stampa, radio, sala stampa, giurie di qualità);
- giurie demoscopiche o campioni di pubblico;
- voto popolare via telefono, SMS, app e piattaforme.
Il televoto, sulla carta, democratizza il giudizio, dando voce al pubblico. Nella pratica, però, tende a favorire:
- artisti con fanbase molto attive e organizzate;
- nomi forti tra i più giovani, molto presenti sui social;
- fenomeni del momento più che carriere di lungo corso.
Non è raro che alcuni grandi interpreti, pur apprezzatissimi dalla critica e da una platea matura, ottengano risultati modesti al televoto, proprio perché il loro bacino di pubblico non è abituato ad attivarsi in massa sui canali di voto digitale.
Per molti Big, quindi, il televoto rappresenta:
- un elemento di incertezza (difficile da prevedere);
- una possibile distorsione rispetto al valore artistico percepito;
- una variabile che può trasformare un brano di grande qualità in un piazzamento poco brillante.
E questo, inevitabilmente, frena alcuni dall’accettare l’idea di rimettersi in gara.
6. Le responsabilità (e i vincoli) del direttore artistico
Ogni edizione del Festival porta con sé il nome di un direttore artistico, spesso coincidente con il conduttore. La sua figura è al centro di un equilibrio delicatissimo:
- scegliere canzoni che possano funzionare sulla lunga distanza radio-streaming;
- offrire uno spettacolo televisivo vario e coinvolgente;
- rappresentare generi, generazioni e sensibilità diverse;
- gestire rapporti con etichette, management, uffici stampa, Rai, sponsor.
Non basta “chiamare i Big”: bisogna che:
- abbiano il brano giusto al momento giusto;
- accettino il contesto di gara;
- si incastrino nel mosaico complessivo del cast;
- non sbilancino eccessivamente l’equilibrio tra nuove proposte e nomi affermati.
Capita così che, in alcuni casi, sia lo stesso direttore artistico a non aprire la porta a nomi importanti perché le canzoni presentate non vengono giudicate all’altezza. In altri casi sono gli artisti a declinare. Ciò che arriva al pubblico è solo il risultato finale, non le decine o centinaia di brani ascoltati e scartati.
7. Sanremo come specchio dell’industria musicale italiana
Il Festival non è solo un programma TV: è lo snodo centrale in cui si incontrano:
- Rai e sistema televisivo pubblico;
- major discografiche e label indipendenti;
- editori musicali, manager, uffici stampa;
- mondo radiofonico e piattaforme digitali.
Le scelte del cast riflettono spesso:
- le priorità delle case discografiche (da spingere artisti emergenti, a rilanciare carriere, a consolidare numeri in streaming);
- le tendenze del mercato (più urban in un periodo, più cantautorato in un altro);
- l’esigenza di parlare a pubblici diversi (famiglie davanti alla tv, giovani su TikTok e Spotify, stampa specializzata, critica).
In questo contesto, la percezione che “manchino i Big” a volte è il riflesso di un’industria che sta ridisegnando le gerarchie interne. Un artista con milioni di stream e sold-out nei club può essere, dal punto di vista industriale, un “Big” tanto quanto un nome storico molto amato ma oggi meno centrale nel mercato.
8. Come riportare i grandi nomi sul palco dell’Ariston?
Se l’obiettivo è avere un cast che comprenda sia grandi nomi storici che nuove generazioni forti, il sistema Sanremo può lavorare su diversi fronti.
8.1 Condizioni organizzative più sostenibili
Gestire meglio:
- calendari di prove e impegni promozionali;
- sessioni di interviste più razionali;
- spazi dedicati a chi viene da tour internazionali o da progetti complessi;
- relazioni trasparenti tra direzione artistica, Rai e management.
Potrebbe rendere più semplice per i Big incastrare Sanremo nei propri piani.
8.2 Maggiore tutela della libertà artistica
Dare agli artisti:
- margini più ampi su scelte estetiche e performative;
- la certezza che il brano non dovrà subire “ritocchi” forzati per esigenze televisive;
- spazio per raccontare il proprio progetto, non solo la canzone in gara.
Può ridurre la paura di “snaturarsi” salendo sul palco dell’Ariston.
8.3 Un riequilibrio del sistema di voto
Lavorare su pesi e contrappesi tra giurie e televoto potrebbe rassicurare gli artisti più maturi sul fatto che il risultato finale non dipenda esclusivamente dalla capacità di mobilitare fandom digitali in poche ore.
8.4 Valorizzare la partecipazione al di là della classifica
Infine, ribadire con forza che:
- una buona canzone può vivere indipendentemente dal piazzamento;
- Sanremo non è solo una gara, ma anche un grande palcoscenico narrativo;
- un artista può uscire vincitore sul piano discografico e di immagine anche senza il podio.
Potrebbe contribuire a sciogliere molti timori.
9. Il pubblico tra nostalgia, scoperta e responsabilità
Resta, infine, il ruolo del pubblico. Non solo come spettatore, ma come protagonista del discorso pubblico su Sanremo. Ogni volta che liquidiamo l’intero cast con un «mancano i Big» senza aver ascoltato nemmeno una canzone, rischiamo di:
- sottovalutare il lavoro di artisti che arrivano all’Ariston dopo anni di gavetta;
- rafforzare l’idea che contino solo i nomi storici, non i brani;
- alimentare un clima di sfiducia che, alla lunga, può frenare anche i grandi dal mettersi in gioco.
Al contrario, un atteggiamento più aperto potrebbe trasformare la frase «Ma chi sono questi?» in un più costruttivo: «Non li conosco ancora, vediamo cosa hanno da dire».
Sanremo, in fondo, è sempre stato questo: un luogo di scoperta, non solo di celebrazione.
Conclusioni: tra mito del Big e forza delle canzoni
L’idea che a Sanremo “mancano i Big” è in parte vera, in parte frutto di aspettative e percezioni mutate. È vero che alcuni nomi storici e alcune grandi star di oggi scelgono, per vari motivi, di non partecipare o di farlo raramente. Ma è altrettanto vero che il concetto stesso di “Big” è cambiato:
- l’industria musicale è frammentata;
- i pubblici sono moltiplicati;
- la carriera di un artista non passa più esclusivamente dal Festival.
Ciò non toglie che Sanremo resti un osservatorio privilegiato sulla musica italiana. Ogni edizione racconta un pezzo del presente: gusti, mode, tensioni, equilibri tra televisione e digitale, tra tradizione e novità.
Forse il modo migliore per avvicinarsi al Festival — al di là delle polemiche fisiologiche — è ricordare che, prima ancora dei nomi, a fare la differenza sono le canzoni.
I Big possono mancare, alternarsi, fare un passo avanti o indietro. Ma ogni volta che una canzone riesce a entrare nel nostro immaginario, a superare le notti dell’Ariston e a restare nel tempo, Sanremo avrà comunque compiuto il proprio compito.